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Vestiti da festa e piedi di porco

Ultimo giorno dell’anno.

Il camioncino è fuori sul vialetto e sul pianale ondeggia una torre di sacchi di pellet (da scaricare). La caldaia muglia, la chiamano “onnivora”, ma quando la compri non specificano che mangerebbe anche te!
La sua coclea produce un cigolio stizzito già da qualche ora: chi glielo spiega che non è colpa nostra ma di questo “maledetto 2020”, che continua con la sua serie infinita di sciagure, decidendo all’ultimo momento di portarsi via anche i motori del cancello elettrico? Tutti e due naturalmente. E piove. Ed i sacchi si bagneranno… e noi con loro (quando riusciremo a scaricarli, passando dalle scale perché il cancello non si apre, durando il doppio di fatica).
E non ho voglia di preparare la cena.
E penso che vorrei andare a letto alle 7.

Così, tanto per fare, apro FB e mi salta all’occhio, fra tanti, un augurio stonato “Cosa ci aspettiamo dal 2021…”
No, spetta, cosa significa “cosa ci aspettiamo”? Io aspettavo la mattina di Natale quando avevo 5 anni, poi non ho più aspettato niente! Non aspetto nemmeno l’idraulico, per dire, perché se fa tante storie ne chiamo un altro.
Allora sarà meglio riguardare indietro, al pellet, al cancello, a queste festività bastarde, a questo anno incredibile. Mi fa male il collo ma cerco di girare davvero la testa e di inquadrare le cose nella giusta prospettiva.
Cosa ha fatto questo povero 2020 che non abbiano già fatto i suoi fratelli minori?
Niente.
Come tutti gli altri anni, come tutti gli altri giorni, mi ha messo alla prova. Mi ha dato paure, incertezze, sconforto, torte bruciate, cancelli rotti, dolori e lutti.
Ma mi ha pure dato i sorrisi dei miei figli, le carezze di mio marito, giornate di sole, gelati, pizze e amici.
Quindi, in poche parole, ho avuto tanti problemi ma anche i mezzi per superarli.

E allora?
Allora mi vesto a festa, perché sono viva e già quello meriterebbe di essere festeggiato ogni giorno.
E poi? E poi prendo il piede di porco per aprire quel cavolo di cancello!
E, cari amici, a tutti voi, non posso che augurare un 2021 così, fatto di vestiti a festa e piedi di porco…
Non perdiamo tempo domandando cosa ci riserverà il futuro, cominciamo seriamente a pensare cosa possiamo fare noi per lui.
Buon anno!

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Il potere dei sensi

Alle 10:30 di mattina il mio stomaco brontola. Per dir la verità sarebbe più appropriato dire “tuona”. Certo, son già passate quattro ore dalla prima colazione… ma tanto brontolerebbe ugualmente , che ci posso fare, ho sempre fame! 🙂 Insomma decido che ci starebbe bene una tisana ai frutti di bosco; accompagnata naturalmente da qualcosa di un po’ più sostanzioso. Ecco, è l’occasione giusta per controllare la conservazione delle confetture. Prendo dallo scaffale “Pesche Ubriache”.Preparo in maniera spartana la tavola, giro il tappo sul vasetto e basta il sonoro “snap” del sottovuoto a far capire al mio stomaco che sta arrivando il ristoro, così lui mi ripaga con un’ ulteriore capriola simile omai più ad un crampo. Ammonticchio (spalmare è da pivelli) una generosa dose di confettura, avendo cura di mettere anche un paio di pezzettoni, su una fetta biscottata croccante; non appoggio nemmeno sul tovagliolo e sferro il primo morso…BAM!Una esplosione nella testa. Un filmato scorre sotto le palpebre chiuse nell’intenzione di trattenere il ricordo che mi sta pervadendo: io bambina sulle ginocchia del mi’ babbo che elemosino un tocchetto di pesca marinata nel vino. La sensazione di quel dolce frutto, l’implicito messaggio “sei abbastanza grande per poter assaggiare una cosa da adulti”, la leggera ebrezza già solo dall’odore del poco alcol.Tutto in pochi secondi.Ho dovuto cercare le foto di quell’anno, ho dovuto pasturare la mia anima con i ricordi lieti di quel periodo, quando l’infanzia era fatta di sogni e speranze ed il pericolo più grande era prendere un brutto voto a scuola. Le gite sulla neve, i pic-nic primaverili, i papaveri raccolti al campo di volo, l’estate in campeggio, il sole sulla pelle salata e la sabbia nel costume, i genitori onnipotenti e la certezza di essere amata e protetta.Era un tempo diverso: era un passato semplice e non un futuro complesso; un tempo in cui i giorni erano affermazioni e non continui interrogativi.Allora bastava poco, bastava un pezzetto di pesca “ubriaca”.Io voglio ritrovare parte di quel tempo nella quotidianità di questo circo a tre piste che chiamiamo presente.Siamo fatti di carne e sentimenti e dovremmo cibare entrambi come si deve. Io stamani mi son presa cura di me. A volte basta anche poco.