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Decalogo per la moglie dell’apicoltore

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1-Rassegnatevi a vivere una vita appiccicaticcia:

quando visiterà le arnie, quando smielerà, quando gli verrà in mente di raccogliere la propoli; qualsiasi operazione alla fine vi porterà in casa una sostanza adesiva, collosa o viscosa.

2-Siate disposte ad assaggiare tutto:

miele, polline, propoli, idromele, pappa reale (No! Le larve no!), e tutta la pletora dei prodotti dell’arnia, e più volte visto che “il sapore cambia sempre”.

3-Abituatevi a tutti gli attrezzi ed ammennicoli lasciati in giro:

dal cappello con la retina lasciato sulla testiera del letto ai “bigodini” e le varie gabbiette per regine sul comodino, dalla leva per aprire le arnie in bagno (?) all’affumicatore nel baule dell’auto.

4-Cercate i pungiglioni nei posti più impensati:

quando rientrerà, dopo una giornata particolarmente movimentata, dovrete guardare ogni centimetro del suo corpo, troverete i pungiglioni in posti che mai vi sareste sognate di guardare! 😀

5-Abbandonate le paure:

in primavera capiterà, prima o poi, che venga richiesto il vostro aiuto; poco importa che abbiate sempre avuto terrore delle cose ronzanti, vi ritroverete arrampicate su qualche scala, con una cassetta sulla testa, perché le mani vi serviranno a tenervi aggrappate, in mezzo a migliaia di cosette pungenti.

6-Imparate a valutare le api come unità di misura:

un po’ come Banana Joe con i suoi frutti gialli, così i vostri mariti misureranno il mondo, tipo “con quei soldi sai quante arnie ci compro!” oppure “Una regina costa meno” e via discorrendo.

7-Programmate le vacanze in base al lavoro dell’apiario:

a gennaio strappate pure i mesi di aprile, maggio e giugno; fate una foto al vostro compagno, incorniciatela e portatevela appresso. Volendo anche una registrazione perché in quel periodo non risponderà nemmeno al telefono. Anche luglio e agosto sono da scordare, a settembre e ottobre c’è sempre da fare… se il tempo è bello pure novembre; mettete in conto qualche visita a dicembre e da febbraio si trova sempre qualche impegno.

8-Quando uscite insieme non dimenticate mai di portarvi un buon libro:

siccome incontrerete sempre un collega apicoltore (non mi chiedete perché ma succede, son più numerosi degli affiliati alla carboneria) e, niente, inizieranno a parlare di cose interessantissime come “blocco di covata”, “trattamenti antivarroa”, “nutritori e sciroppi”…

9-Imparate a convivere con la sua assenza nel letto:

le sue amanti sono tante e voi non potrete mai competere; riusciranno a strapparlo dalla vostra alcova quando albeggia appena per farcelo rientrare di soppiatto diverse ore dopo, stremato dall’impegno che richiedono questi antelucani incontri.

10-Non regalategli profumi e dopobarba:

abbracciandolo e annusandolo sentirete sempre quel lieve sentore di miele, il profumo dell’amore che vostro marito dedica alle api, che poi altro non è che l’essenza di un sentimento verso tutto il creato dove siete comprese anche voi.

Noi stessi siamo l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande e la vita che li unisce.”(Khalil Gibran) e l’apicoltore è un uomo che per natura non riesce a fare differenze, amando tutto con la stessa intensità.

Siate fiere di quello che fa .

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Ciliegie (rosari e preghiere)

Ciliegie, confettura di ciliegie, marmellate o confetture

20 Kg.
20 chili di ciliegie da snocciolare… a mano!
Per quanto io ami il mio lavoro, questa non è davvero la più divertente delle incombenze. I gesti sono misurati, ripetitivi, diventano automatici e quindi noiosi.
In più sono finite le pile alla radio (ed il cavo di alimentazione è nel famoso luogo “sicuro” dove l’ho messo certa di ritrovarlo all’occorrenza).
Insomma, il mio corpo è qui, le mani si muovono secondo un ritmo cadenzato che non lascia margini ad errori: prendo un frutto, lo sistemo nello snocciolatore, ZAC! polpa a destra, nocciolo a sinistra.


E via e via, quante ciliegie ci saranno in un chilo?
Quanti i grani di questo rosario infinito che mi passano tra le dita?


Quando il corpo si muove in una danza tanto ritmica quanto conosciuta la mente non rimane legata ad esso… la mente vola. Vola sopra i campi del nostro da fare, vola sulle preoccupazioni di una vita fatta a forma di punto interrogativo, ed ogni piccolo frutto rotondo diventa il grano di una Corona, diventa una speranza ed una muta preghiera.


In questa prima fase d’annata (l’apostrofo è facoltativo), in questo 2019 che non stenterei a definire annus horribilis per l’apicoltura, in questi due mesi che hanno messo in ginocchio un intero settore e che, ahimé, hanno costretto a chiudere i battenti tanti piccoli produttori, i miei pensieri e preoccupazioni cadono sempre, come un brutto sedimento all’interno di una pregiata bottiglia di vino, sul fondo del cuore.
E mi ritrovo a pregare:
– ché non piova troppo,
– ché non piova poco,
– ché non sia troppo caldo,
– ché non tiri troppo vento,
– ché ci sia abbastanza nettare,
– ché fioriscano copiosamente le varie essenze e ché non abbiano parassiti ad impedirglielo,
– ché la peste non colpisca le arnie e la varroa non indebolisca le api,
– ché la stagione non favorisca le sciamature,
– ché il tasso non trovi il modo di passare dalla rete,
– ché i piromani non diano fuoco al bosco e gli agricoltori non spargano veleni,
– ché non ci facciano visita i ladri

– ché non ci venga il colpo della strega nello spostare i melari e la salute ci assista per poter portare a termine il nostro lavoro,
– ché la gente capisca la differenza tra il nostro miele e quello cinese più economico, e qualcuno compri il frutto delle nostre fatiche.
Siamo imprenditori agricoli, il nostro rischio d’impresa ha più voci di qualsiasi altro.
Ma noi abbiamo una marcia in più NOI AMIAMO QUELLO CHE FACCIAMO.
Stiamo fuori con -10° a nutrire le nostre api non solo perché morendo non ci darebbero di che vivere, ma perché le amiamo e NON vogliamo che muoiano.
Stiamo sotto il sole a 40° perché i cicli naturali non si fermano ed un lavoro, quando “è da fare”, non è quasi mai procrastinabile.
Diventiamo più attenti e più sensibili.
Più burberi?
Anche.
Perché ciò che ci circonda è VERO, durissimo ma vero, e allora diventa sempre più difficile partecipare al gioco di un mondo che troppo spesso cambia le carte in tavola.
Allora io snocciolo.
Snocciolo e prego.
E quando sono stufa di pregare, e le preoccupazioni diventano troppe, smetto di pregare e mi mangio una ciliegia.